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Il ruolo del movimento associativo nell’era dei social

Come persona con disabilità e come leader di una delle più grandi organizzazioni italiane impegnate nella tutela dei diritti delle persone con disabilità, sento il dovere di intervenire su un tema che ci tocca da vicino, ogni giorno, con sempre maggiore intensità: l’uso dei social media per denunciare le difficoltà legate alla disabilità. Lo faccio con rispetto, consapevole del fatto che ogni post, ogni video, ogni sfogo digitale è spesso l’espressione sincera di una sofferenza reale, di una frustrazione maturata nell’incomprensione, nel disservizio, nell’assenza di risposte.

Tuttavia, proprio perché quelle sofferenze meritano attenzione e rispetto, è necessario fare chiarezza. È necessario ricordare che l’efficacia delle denunce non dipende dalla loro visibilità, ma dalla loro capacità di generare un cambiamento reale. E per farlo serve un metodo. Serve una strategia. Serve un’alleanza tra chi vive le difficoltà e chi, da anni, le rappresenta a livello istituzionale.

Viviamo in un’epoca in cui il digitale ha trasformato radicalmente il modo in cui comunichiamo, protestiamo, ci organizziamo. I social network hanno dato voce a chi prima non ne aveva, hanno rotto il silenzio su tante forme di discriminazione, hanno acceso riflettori su problemi che per decenni sono rimasti ai margini del dibattito pubblico. E tutto questo va riconosciuto. Ma oggi, alla luce di questa nuova realtà comunicativa, è indispensabile fare un passo in più. Dobbiamo chiederci: vogliamo limitarci a rendere visibili i problemi, o vogliamo davvero risolverli?

Il movimento associativo delle persone con disabilità ha una storia lunga e consolidata. È fatto di decine di organizzazioni grandi e piccole, diffuse sul territorio, che ogni giorno offrono supporto, informazione, assistenza e rappresentanza. È un patrimonio di competenze, di esperienze, di relazioni istituzionali, costruito nel tempo grazie al lavoro paziente e continuo di migliaia di persone. Non è una struttura burocratica o autoreferenziale. È una rete viva, dinamica, profondamente radicata nei bisogni delle persone. E proprio perché conosce quei bisogni, sa anche come trasformarli in richieste legittime, in interlocuzioni politiche, in risposte concrete.

Negli ultimi mesi, abbiamo assistito a un crescendo di denunce online – spesso legittime – riguardanti disservizi nella fornitura di ausili, protesi, presidi sanitari e materiali di consumo. Parliamo di strumenti essenziali per la sopravvivenza e la qualità della vita: dispositivi per la respirazione assistita, per la nutrizione enterale, per l’igiene personale. Quando questi strumenti mancano o arrivano in ritardo, le conseguenze sono gravissime, e la rabbia è comprensibile. Ma la domanda che dobbiamo porci è: come possiamo fare in modo che questa rabbia non si disperda? Come possiamo trasformarla in azione efficace?

I social non sono strumenti di intervento. Sono potenti mezzi di sensibilizzazione, ma non sostituiscono i canali ufficiali attraverso cui si muove il cambiamento. Il movimento associativo, per sua natura e per mandato, opera attraverso modalità formali: raccoglie le segnalazioni tramite PEC, attraverso le sedi territoriali, mediante i moduli presenti sui siti istituzionali. Una volta ricevuta la segnalazione, verifica la fondatezza del caso, analizza la documentazione, avvia un confronto con gli enti preposti, formula proposte, sollecita risposte. È un lavoro che richiede tempo, rigore e collaborazione, ma è l’unico che può produrre risultati duraturi.

Molte delle segnalazioni che esplodono online, invece, non arrivano mai a chi ha il potere o il dovere di intervenire. Manca la documentazione, mancano i riferimenti normativi, manca spesso anche il consenso al trattamento dei dati personali. Così, paradossalmente, le storie che ottengono centinaia di condivisioni rischiano di restare inascoltate. Non per cattiva volontà, ma perché prive degli elementi necessari per attivare un’azione concreta.

Eppure, non c’è contrapposizione tra visibilità e azione, tra comunicazione e istituzione. Il punto è costruire un ponte tra questi due mondi. Un esempio virtuoso è quanto accaduto con la segnalazione dell’associazione Nessuno è Escluso, rilanciata anche da Marco Rasconi, presidente UILDM. In questo caso, la denuncia è stata presa in carico dal movimento associativo attraverso i canali formali: si è avviato un confronto istituzionale, si è prodotta una mobilitazione con obiettivi chiari. È questo il modello che dobbiamo promuovere.

La vera sfida del nostro tempo è trasformare l’indignazione in proposta, la rabbia in progetto, il disagio in diritto. Per riuscirci, abbiamo bisogno di collaborazione e fiducia reciproca. Il movimento associativo non può sostituirsi ai cittadini, ma può accompagnarli, tutelarli, rappresentarli. E per farlo ha bisogno che le persone con disabilità, le loro famiglie, i caregiver, le realtà territoriali si affidino ai canali giusti, forniscano tutte le informazioni necessarie, contribuiscano a costruire un’azione condivisa.

Viviamo in un Paese in cui le diseguaglianze sono ancora forti e strutturali. In cui la disabilità è troppo spesso vissuta come un ostacolo, e non come una dimensione della cittadinanza. Ma il movimento associativo è qui, ogni giorno, a chiedere che le cose cambino. Lo fa con pazienza, con rigore, con determinazione. E non chiede applausi: chiede alleanza. Chiede che la denuncia sia solo il primo passo, non l’ultimo.

Per questo, oggi più che mai, invitiamo tutte e tutti – cittadini, cittadine, associazioni, operatori e istituzioni – a scegliere i canali ufficiali. A inviare segnalazioni documentate. A rivolgersi alle organizzazioni territoriali. Perché solo così possiamo costruire una risposta forte, coordinata, efficace. Perché solo così possiamo garantire che ogni voce sia ascoltata, ogni diritto difeso, ogni storia accolta.

Le ingiustizie meritano attenzione. Ma soprattutto meritano risposte. E le risposte, per arrivare, hanno bisogno di passare dai giusti canali.

Il movimento associativo è qui per questo: per trasformare la protesta in proposta, e la proposta in cambiamento.

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